15/12/2013
BFM – OPSA Under 17 43 -75
Onestamente dopo la partita con Casteggio ho accarezzato l’idea quasimodiana di riporre definitivamente la metaforica penna nell’astuccio.
«Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.»
Probabilmente qualcuno avrebbe apprezzato questo gesto forse eccessivamente melodrammatico per una partita di basket per quanto importante.
Una partita è in fondo solo una partita, un momento di gioco di svago.
Nulla di irreparabile. Nulla che, razionalmente, debba renderci più mesti del dovuto in un periodo socialmente difficile come questo.
Eppure vedere una squadra che dopo tanto impegno veniva sballottata come una zattera in un mare in tempesta aveva suscitato in me e credo in molti, un vago malessere, un senso di irritazione per quanto irrazionale ed emozionale.
Penso che durante la pausa natalizia chi di dovere abbia ripensato alla partita trovando le risposte ai perché (che probabilmente sono più d’uno) di quella sconfitta che non necessariamente sono riconducibili alla constatazione semplice e un po’ banale riassumibile nella frase: “sono più forti di noi”.
Certo non mancava nel Casteggio qualche talento cristallino, ma, mediamente, i valori erano e sono simili.
E allora?
Sembrava quasi che sotto pressione i limiti tecnici e caratteriali già palesati nei primi incontri fossero riapparsi come i fantasmi di Scrooge, evidenziando pecche e magagne mai veramente superate.
Tuttavia come i fantasmi natalizi lasciarono all’anziano taccagno una seconda possibilità così si deve dare anche a questo gruppo di giocatrici una nuova
chance.
E la prima possibilità di riscatto è giunta sabato pomeriggio.
Sabato nel Palavilloresi prestato alla squadra avversaria come palestra di casa, le “furiette” rosse si sono ripresentate pronte a rinascere come un’araba fenice.
Sulla carta, in base ai risultati precedenti, la partita non si presentava proibitiva, ma le scorie delle feste e i postumi dell’ultima sconfitta potevano essere pesanti fardelli da portare.
Una partenza perentoria è sembrata incanalare de subito la partita verso un approdo in porto sicuro.
Poi qualche amnesia di troppo, una certa rilassatezza che portava le avversarie spesso ad essere in anticipo sulle palle vaganti, rallentava la corsa verso la vittoria permettendo alle coriacee ed ordinate avversarie di rientrare in scia.
Fortunatamente alcune modifiche di assetto, una maggiore intensità difensiva, una migliore scelta dei tiri hanno rimesso, già alla fine del secondo quarto, le cose a posto.
All’inizio del secondo tempo poi una difesa a zona press particolarmente aggressiva ha permesso di aumentare il gap nel punteggio chiudendo di fatto l’incontro.
Rimangono comunque evidenti alcuni limiti (passaggi, movimenti senza palla, scelte di tiri non ottimale ecc.) che come tatuaggi non più voluti non si riesce a nascondere definitivamente.
Soprattutto mi sembra, ma non vorrei entrare in questioni tecniche che non mi competono, piuttosto limitato il gioco senza palla che, come sostiene ad esempio un allenatore di primissimo livello come Charlie Recalcati, è fondamentale per un buon attacco. Se, infatti, non si è in grado di mettersi nelle condizioni di poter ricevere palla (grazie ad esempio uno smarcamento), tutto il gioco offensivo soffoca. E’ importante sapere cosa fare per liberare una linea di passaggio per la compagna con palla.
Nel contempo è necessario che la compagna con la palla sappia e voglia passarla al momento giusto.
Meccanismi che richiedono, tra l’altro, oltre ai fondamentali base anche: un buon lavoro dei piedi,· la capacità di lettura delle situazioni offensive per poter anticipare le scelte; il saper collaborare con i compagni nel rispetto di un corretta spaziatura sul campo con l’obiettivo di utilizzarne tutti i lati.
Questo è solo un esempio e sicuramente il lavoro in palestra potrà mitigare questi limiti attraverso una crescita individuale e collettiva, ma se ciò sarà sufficiente per consentire alla squadra un vero salto di qualità lo potranno dire solo impegni più probanti come quello con Canegrate.
Maurizio Canauz