16/02/2014
BASKET FEMMINILE VARESE – OPSA BASKET UNDER 17 32 – 72
Le cattive abitudini si imparano fin troppo velocemente.
Così ho imparato a tacere quando si perde e a stornellare quando si vince, soprattutto se lo si fa come domenica in quel di Gazzada Schianno con una certa felicità.
Massimo rispetto, come sempre, per le avversarie volonterose, ordinate . discretamente fisiche ed atletiche ma un po’ troppo acerbe per partite come questa.
Si sa Varese ha anche una squadra under 17 che milita con dignità nel campionato élite per cui meritoriamente aiuta altri prospetti a crescere per affacciarsi un domani sui palcoscenici maggiori del basket lombardo.
E’ un percorso lungo come lunga è la crescita delle nostre ragazze che facili ad esaltarsi nelle partite semplici peccando di intensità e personalità in quelle complesse con avversarie strutturate ed organizzate.
Non è una questione di talento o almeno non solo di talento, ma soprattutto di testa e di volontà.
Domenica la squadra era serena (forse troppo), volti rilassati, risa, chiacchera libera e fluente.
Chiunque e sottolineo chiunque, entrava in campo lo faceva sorridendo e giocava come se fosse in allenamento, arrischiando opzione che solitamente non avrebbe mai osato in una partita ufficiale.
Il coraggio della tranquillità mi viene da definire questo atteggiamento, che consente di mettere in pratica ciò che si sa fare, tanto o poco che sia, senza patemi.
Ma già dalla prossima partita, sono certo, questa bonaria guasconeria lascerà spazio alla preoccupazione che spesso si tramuta in paura (e non solo giustificata considerazione) per le avversarie e per sé stesse.
Il pallone domenica leggero, tornerà pesante come un macigno e le nostre giocatrici si sentiranno nuovamente come Atlante costrette a portare il mondo sulle spalle.
Spero, con tutto il cuor, di essere smentito e che finalmente liberate dall’angoscia della classifica possano dimostrare ai loro fedelissimi tifosi (i genitori) quei progressi individuali e di squadra che nella grigia Gazzada si sono appena, appena intravisti. .
Mi si lasci terminare questo zibaldone di parole con due osservazioni, una tecnica e una, in un certo senso autocelebrativa.
La prima riguarda la fragilità difensiva
Chi non è più dolorosamente giovane ricorda sicuramente le mitiche difese (soprattutto la 1-3-1) di un certo Daniel Lowell Peterson da Evanston, Illinois.
Difese di rara bellezza tecnico tattica che si sposavano con un altro dei suoi credo riassunto nella frase: “sputare sangue”.
Certo Peterson era il condottiero di pirati e corsari dall’aspetto minaccioso e guerresco (Meneghin, Premier, D’Antoni etc. etc.) mentre le nostre sono “gentili donzelle” . che come tutte le donzelle rifuggono dal contatto fisico, mentre per un difensore i manuali insegnano che è vietato avere paura del contatto fisico
Ma fare una difesa pressing necessità almeno una punta, piccola, piccola, di cattiverie oltre a una posizione difensiva passabile.
Non voglio parlare della seconda anche se non vedo spesso gambe piegate ma più che altro pali dritti, ma se non c’è grinta come si può sperare di recuperare l’osso?
Meditate gente… meditate.
Ma veniamo all’autocelebrazione o meglio alla celebrazione di noi genitori. Gazzada è abbastanza lontano, Gavirate lo è ancora di più.
Il tempo a volte è inclemente, le palestre sono ubicate in luoghi dimenticati dal navigatore
Ma sugli spalti la curva dei genitori non manca mai (anche se a volte un po’ borbottante) e questo, lasciatemelo dire, è un bel segnale di attaccamento e di affetto che merita una piccola citazione e forse un pubblico ringraziamento.
Maurizio Canauz